San Bernardino, il più pratese dei santi senesi

(di Niccolo Lucarelli)

Fra le pagine di quel caustico e campanilistico testamento spirituale che è Maledetti toscani, in quei suoi frequenti richiami alla storia antica e all’Umanesimo, narrando di laici e religiosi, nobili e popolani, letterati e illetterati, Curzio Malaparte si sofferma anche sulla figura di san Bernardino da Siena, e lo fa con quell’affetto che si riserverebbe a un padre, lodandone la serenità con la quale compie la sua missione spirituale, e la schiettezza delle sue prediche che sembrano nascere dalla sobria bellezza del paesaggio toscano, garbatamente pungenti come l’olio nuovo dei colli di Sarteano; in un altro scritto, Malaparte riconosce al popolo italiano un profondo amore per i santi, che accomuna agli eroi con la differenza di poterli sentire vicini, e per questo «ama san Bernardino da Siena per la sua eloquenza semplice ed affettuosa, per le sue parole dialettali, per la sua arte di persuadere ogni cittadino ignorante»1; chiaro infatti è il linguaggio con cui si rivolge ai fedeli, un sobrio volgare che subito rimanda agli affreschi di Giotto, ma soprattutto è pieno di cristiana comprensione dell’essere umano con le sue debolezze.